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Avete mai pensato all’evoluzione del bibliotecario? Facciamo un salto indietro nel tempo. No, non occorre andare molto lontano: ci fermeremo al 1980. Pure io tenterò ora di immedesimarmi e di trasportare indietro di trentacinque anni le mie attuali occupazioni, cioè la stesura di una tesi di laurea. La musica nel terzo libro della Repubblica di Platone. In questo momento mi trovo comodamente sdraiata sul mio letto, con il portatile appoggiato sulle gambe, immediatamente disponibile per ogni mia richiesta e curiosità. Ho bisogno di capire le origini dei gatti nudi, perché ho improvvisamente un irrefrenabile (e quantomai superficiale) bisogno di scoprirlo? Posso farlo. Ho bisogno, invece, di ricercare gli atti di un convegno che si tenne a Taranto nel 2010, organizzato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, e che potrebbe tornarmi molto utile nel capire il ruolo degli strumenti musicali nell’antica Grecia? Posso farlo. Accanto a me, sparsi sul tappeto, quattro libri da consultare: ne ho così pochi perché sono estremamente specifici e fanno proprio al caso mio; prima di prenderli in prestito nel giro di pochi giorni ordinandoli online da Milano, con una breve ricerca su Google ho trovato i titoli migliori e più utili.

Ma attenzione, siamo negli anni ’80. Il comodino accanto al mio letto ospita un’imponente e traballante pila di tomi di diversa datazione e mole. Dal momento che la tesi non è il mio unico impegno, non posso permettermi di spendere ore e ore nella ricerca manuale e cartacea (lontana dal caldo di casa) della bibliografia perfetta e mi accontento di sfogliare i miei quindici libri che ritengo potermi tornare utili. E che fine ha fatto la possibilità di raggiungere in pochi click gli atti di un convegno alle 22:30 di sera? Inesistente: dovrò aspettare il giorno dopo, uscire di casa e mettermi di impegno per cercarli, senza forum, blog, siti, Wikipedia, archivi online, download e PDF ad aiutarmi. Ma, più in generale, se nel 1980 – e anche prima – saliva la voglia di leggere o di trovare delle risposte, a chi ci si rivolgeva?

È semplice: al bibliotecario. L’evoluzione del bibliotecario sta anche nel comprendere il valore che un tempo aveva. Partiamo dal considerare che le biblioteche fino a vent’anni fa non potevano usufruire dei mezzi informatici e di archiviazione attuali: o il bibliotecario conosceva bene il suo ambiente, i suoi libri, le loro collocazioni, i metodi di ricerca bibliografica, i bisogni dei lettori e la storia della letteratura o il suo ruolo risultava inutile e inconcludente. Il bibliotecario, figura mistica circondata da figure – un tempo – altrettanto mistiche come i libri, era considerato il detentore del sapere letterario: se si parlava di libri, di ricerche, di bibliografie e di tesi, il bibliotecario era il guru della situazione, in grado di estrapolare dai balbettii confusi dei lettori i titoli e i nomi cercati. La biblioteca, in quanto culla di un sapere vasto e imponente, era vista come un tempio di risposte e certezze. Allo stesso modo, il bibliotecario pareva un oracolo, un saggio, un Pico della Mirandola.

Diamo uno sguardo alle domande che i lettori erano soliti un tempo rivolgere ai bibliotecari. L’evoluzione del bibliotecario fino ad oggi parte da qui, dall’idea di una figura professionale alla quale rivolgere senza timori di delusioni dubbi e lacune.

Un tempo i bibliotecari affiancavano al loro lavoro a stretto contatto con i libri delle ricerche a più ampio respiro. Tra i bibliotecari più famosi si ricordano Luciano Bianciardi, Raymond Carver, Alcide de Gasperi, Marcel Duchamp, Benjamin Franklin, Johann Wolfgang Goethe ed Eugenio Montale. Ed oggi? Oggi se penso alla mia bibliotecaria di quartiere, sempre così acida e maldisposta, mi viene il magone. Ripenso sempre a quando le chiesi l’Edipo Re e lei mi domandò di chi fosse, continuando poi a non capire. «Ma Sofocle chi?», «Sofocle, il tragico greco», «Ma il cognome quale è?».

Si parla di evoluzione del bibliotecario o di ‘involuzione’? Nell’era di Internet, del ‘tutto subito’, delle ricerche comode a casa, del download selvaggio, degli archivi online, si tratta forse di una decadenza del ruolo della biblioteca in generale, che porta a vedere il servizio del bibliotecario solo come una figura assimilabile al magazziniere e al commesso? Un fondo di verità dietro a questo dubbio ci dovrà pur essere, se sempre più spesso i Comuni decidono di far rientrare l’ambito delle biblioteche nei ‘servizi socialmente utili’ o nell’inquadramento per le liste di collocamento. Eppure, nessuno si sognerebbe di vedere il ruolo di un ingegnere come assimilabile ad un ‘servizio socialmente utile’ da assegnare indiscriminatamente per provvidenzialismo. Quale lacuna di credibilità e professionalità caratterizza l’attuale figura del bibliotecario per dover subire ciò?

Mark Twain dice: “In a good bookroom you feel in some mysterious way that you are absorbing the wisdom contained in all the books through your skin, without even opening them.” Cioè, una buona stanza per la lettura ci invoglia a leggere. E, normalmente, dove si trovano i libri e le sale da lettura? Nelle biblioteche, certo, ma entri in una biblioteca e il primo impulso che provi è quello di trovare ciò che cerchi ed uscire al più presto. Moquette invecchiata, un grigiore diffuso, scaffali metallici, design inesistente e arredo direttamente uscito dagli anni ’70. No computer (nella maggior parte dei casi), no Wi-Fi, no punti lettura e relax.

È vero, c’è ancora un dibattito in corso fra i ruoli che un ambiente bibliotecario dovrebbe avere: dovrebbe limitarsi a fornire al lettore i testi richiesti (anche qui, altro dibattito: il lettore può cercarli liberamente o deve richiederli dall’archivio?) o deve essere un luogo di incontro, cultura e ricerca? Insomma, se si parla di rapporto biblioteca-lettore, il discorso si sposta sull’architettura delle biblioteche e sul bisogno di accogliere certe necessità di incontro e lettura.
Biblioteche a misura di lettore. Un’idea che ricorda tanto l’architettura “a misura d’uomo” di Le Corbusier, con il suo bisogno di integrare mondo urbano e natura. Ma è un concetto vecchio tanto quanto lo sono le biblioteche stesse: la Biblioteca di Alessandria, del 305 a.C., era pensata in uno spazio ampio, luminoso e arieggiato, in un’alternanza di interni ed esterni all’aria aperta.

Anche Vitruvio nel suo De Architectura la pensa così e parla delle biblioteche presenti nelle ville rustiche dei romani e del bisogno di alternare alla lettura la piacevolezza dell’essere in un posto bello, accogliente e ben integrato nella natura: insomma, il Frank Lloyd Wright (ideatore dell’architettura “organica”) della latinità. D’altra parte, leggere non è cosa da poco. È un’attività intellettuale diversa dall’ascoltare la musica, per quanto anche questa possa essere impegnativa. Prendere in mano un libro è quasi una promessa e un impegno: “prometto di dedicare la mia totale attenzione a queste pagine. Tutto il resto attorno a me non esiste”.

Un libro non si legge da solo: come l’iPod è lo strumento che ci porta la musica, la nostra stessa mente è “il mezzo” da impegnare nella lettura. Sdraiati, a pancia in su, seduti, in piedi, in movimento, ognuno legge come preferisce, cercando la privacy e le condizioni adatte per farlo sentire a suo agio. L’idea di trovare la comodità in una biblioteca potrà farvi ridere, ma ecco gli edifici moderni che più si avvicinano all’idea delle biblioteche a misura di lettore.

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Da quando la Giornata del Libro è diventata la giornata del “compra un libro”? Questo è uno degli interrogativi che muove il “gioco” del 1010ways to buy a book without money: dieci modi di acquistare un libro senza soldi. Attenzione: l’assenza di uno scambio di soldi non è sinonimo di gratuità. Se c’è una cosa che gli ideatori di questo “movimento” (nato a Barcellona nel 2011) vogliono sottolineare è proprio che dietro ad ogni idea o prodotto artistico c’è un quantitativo di lavoro, talento, impegno ed energia che va ripagato e riconosciuto. Come? Insomma, ogni cosa ha un prezzo, ma non è detto che questo debito debba essere saldato attraverso il denaro.

Improvvisare una conga per la strada, disegnare un ritratto (come nella fotografia), diventare un donatore del sangue, piantare un fiore, passare un po’ di tempo a giocare con i propri figli. Il tutto in cambio di un libro. E così i libri e la lettura assumono un altro valore: il talento viene premiato non con i soldi (magari non alla portata di tutti), ma con dell’altro talento e con la voglia di mettersi in gioco.

“Things are not free, but you can buy them without money” (le cose non sono gratis, ma puoi comprarle senza soldi), è il motto del progetto. Libri alla portata di tutti, a patto che si sia disposti ad uscire da un’ottica di scambio monetaria che non premia lo spirito, la creatività e il legame tra le persone. Quanto può valere un’edizione rara non più in stampa? Forse la promessa di smettere di fumare? O fare del volontariato? Ognuno è libero di scegliere il suo prezzo da pagare, subito oppure no, l’importante è mandare agli organizzatori delle “prove” del proprio pagamento, con fotografie e video.

L’iniziativa ha raggiunto un successo inaspettato: da Barcellona a Londra, Madrid, Montevideo, per poi arrivare in Georgia, Romania, California, Brasile. Per chi fosse interessato ad organizzare una giornata 1010ways nella propria città il percorso da seguire è semplice: basta contattare gli organizzatori del movimento (http://1010waystobuywithoutmoney.org/do-it-yourself/) per ricevere materiale e consigli utili.